Edoardo Gellner, nato Eduard Walter Gellner ad Abbazia il 20 gennaio 1909 e deceduto a Belluno il 10 dicembre 2004, è stato un architetto italiano di origini austriache, riconosciuto per il suo contributo significativo all’architettura del Novecento, in particolare nel contesto delle Dolomiti e della località di Cortina d’Ampezzo.
Gellner si formò inizialmente nella bottega artigiana del padre, che si occupava di insegne e allestimenti commerciali. Nel 1927 e nel 1933 studiò Disegno e Architettura degli Interni alla Kunstgewerbeschule di Vienna, sotto la direzione di Josef Hoffmann. Durante la Seconda guerra mondiale, prestò servizio nell’artiglieria contraerea e, dopo la guerra, si iscrisse al Regio Istituto Universitario di Architettura di Venezia (RIUAV), dove entrò in contatto con figure influenti come Carlo Scarpa e Giuseppe Samonà.
Gellner divenne noto negli anni ’50 per i suoi progetti legati ai Giochi Olimpici Invernali del 1956 a Cortina d’Ampezzo. Tra le sue opere più celebri vi è il Villaggio Residenziale Eni a Borca di Cadore, progettato in collaborazione con Carlo Scarpa. Questo complesso residenziale è considerato un esempio emblematico di architettura organica, integrando gli edifici con il paesaggio naturale circostante.
Nel corso della sua carriera, Gellner progettò anche l’ex Palazzo delle Poste di Cortina d’Ampezzo e numerosi altri edifici che riflettono un linguaggio architettonico moderno e colto. La sua casa-studio, Cà del Cembro, realizzata nel 1953, è un altro esempio significativo della sua visione architettonica.
Gellner ricevette diversi premi per il suo lavoro, tra cui il Premio Nazionale IN/ARCH per il Villaggio Sociale ENI nel 1963 e il Premio Internazionale di Architettura Contemporanea Alpina nel 1999. Fu anche socio onorario dell’Istituto Nazionale di Architettura e Urbanistica Montana.
La sua opera ha avuto un impatto duraturo sul panorama architettonico italiano ed è stata studiata per le sue innovazioni nel campo dell’urbanistica e dell’architettura residenziale. Gellner ha continuato a lavorare fino alla sua morte nel 2004, lasciando un’eredità significativa attraverso i suoi progetti e le sue pubblicazioni.
Tra le sue opere scritte spiccano “Quasi un diario. Appunti autobiografici di un architetto” (2008) e “Architettura nelle Dolomiti Venete” (1988), che offrono uno sguardo approfondito sulla sua filosofia progettuale e sulla sua esperienza professionale.